Ricorderemo l’inverno che sta volgendo al termine, oltretutto in maniera rapida viste le temperature decisamente superiori alle medie che pare caratterizzeranno almeno la parte iniziale di Marzo, come uno dei più difficili e strani dal secondo dopoguerra.
Nevicate abbondanti e persistenti, come raramente si erano viste negli ultimi decenni già a partire dal mese di Dicembre, hanno acceso negli amanti della montagna quell’anelito irrefrenabile a salire sui candidi pendii dei nostri Appennini, in scenari da favola a lungo sognati.
La realtà dei fatti è stata però di segno ben diverso: quasi mai infatti abbiamo avuto condizioni idonee allo svolgimento di attività in ambiente innevato entro i limiti di una ragionevole ed accettabile sicurezza. La neve ”pesante” ed abbondante di Dicembre/Gennaio ha messo a dura prova molte realtà dell’Appennino settentrionale spingendo molti comuni anche a diramare provvedimenti restrittivi dell’attività sportiva nei loro territori. Ai primi di Febbraio abbiamo avuto nuove nevicate, anche se meno abbondanti, seguite dall’ingresso improvviso di venti settentrionali con temperature percepite ben al di sotto dei 10 gradi sotto lo zero e formazione di ghiaccio un po’ ovunque.
A ciò vanno aggiunte le restrizioni legate alla situazione pandemica, che ci sta affliggendo da un anno ormai, all’interno delle quali le “finestre gialle” sono state attese dagli appassionati con trepidazione anche eccessiva, tanto da spingere molte persone a soprassedere su condizioni meteo non proprio ottimali, piuttosto di non perdere l’occasione tanto agognata.
Pur salutando con piacere il crescente interesse che da anni sta riscuotendo la montagna intesa come luogo di benessere psico-fisico da ricercarsi nelle molteplici attività sportive all’aperto che vi si possono praticare, riteniamo necessario ribadire a maggior ragione alcuni princìpi che per il Club Alpino Italiano risultano imprescindibili:
- Nell’attività in montagna non esiste il rischio zero. Conseguentemente è fondamentale mettere in atto tutte le buone pratiche necessarie a minimizzare tale rischio, acquisendo in anticipo informazioni dettagliate sulle caratteristiche del percorso e sulle condizioni meteo previste e dotandosi di tutte le protezioni e prevenzioni atte a ridurre il rischio derivante da pericoli oggettivi e soggettivi.
- In montagna rinunciare ad un’escursione programmata o una volta in cammino decidere di cambiare percorso o piuttosto rinunciare a raggiungere la meta per motivi di sicurezza non è sintomo di debolezza, bensì di grande intelligenza.
- In ambiente invernale/innevato è necessaria una conoscenza ancora più specifica e la prudenza va quantomeno raddopiata. È fondamentale consultare i bollettini nivo-meteorologici e ove possibile contattare strutture/rifugi/sedi CAI della zona che andremo a frequentare per acquisire informazioni qualificate e locali.
Ciò premesso, in un periodo così particolare caratterizzato purtroppo da numerosi incidenti anche mortali su tutto il territorio nazionale, ci preme denunciare la prospettiva distorta attraverso la quale testate giornalistiche sia televisive che cartacee tendono a dipingere le terre alte con epiteti quali “montagna che uccide”, “montagna assassina” e “vittima della montagna”.
L’eccessiva semplificazione di concetti come libertà individuale, pericolo e rischio, troppo spesso sottaciuti in favore di titoli roboanti atti più a catturare l’attenzione nella giungla dei social media, finisce per portare la montagna in primo piano solo in occasione di eventi nefasti.
Chi ama la montagna sa bene di frequentare un ambiente forte, mutevole e talvolta ostile, ma per sua natura capace di restituirci un senso unico di libertà, di avventura e di sfida che ciascuno poi decide in coscienza e consapevolezza di affrontare nella maniera più appagante.
Consapevolezza appunto, che deriva da un’adeguata conoscenza, primo e principale fattore di riduzione del rischio e non azzardo e pressappochismo. La montagna, se affrontata con rispetto e preparazione, è la palestra ideale per innalzare il livello di benessere fisico a qualunque età, per liberarci dello stress quotidiano, per riacquistare autostima, per socializzare e soprattutto assumere una prospettiva più meditata ed elevata sulla vita (sia in senso letterale che metaforico!).
La montagna può essere terapeutica e coadiuvare nel corretto sviluppo psicofisico di bambini e adolescenti (nella nostra sezione da oltre dieci anni abbiamo un gruppo di Alpinismo Giovanile e da quest’anno, pandemia permettendo, prenderà avvio anche un gruppo Family CAI per i più piccoli).
La montagna è una palestra di auto-formazione esperienziale continua, che può essere consolidata e dotata di più solide basi pratico-teoriche acquisibili presso le sezioni CAI del nostro territorio a partire dalla nostra, che ogni anno propone numerosi corsi di livello base e avanzato (escusionismo, alpinismo giovanile, arrampicata libera, speleologia etc…).
Buona montagna a tutti
Sezione Emilio Bertini, Prato
Club Alpino Italiano