Quando tutto com’era non è come è adesso, quando tutto si manifestava con un ordine completamente differente da come lo vediamo ora.
Diverso come aspetto, origini, ragioni, meccanismi e che invita a rivelare l’odierno interpretando il passato. Quello che ci troviamo a cercar di comprendere e svelare è un quadro antico, talmente antico che facciamo fatica ad immaginarcelo.
Un tempo antico che poi si è lentamente modificato come solo il tempo delle pietre sa fare (grazie Andrea) con un millenario e misterioso passare di secoli e secoli lontani dalla nostra percezione di quello che è il nostro concetto di tempo.
Questo concetto limita noi umani nell’interpretazione ma ci sviluppa nell’immaginazione, quell’immaginazione che poi può rendere reali e percorribili i sogni (grazie Paolo).
Adesso valutando la realtà che abbiamo davanti sta a noi dipanare il groviglio di quel che è rimasto di allora, con ragionamenti, con analisi, con congetture, con tentativi… e con la speranza di un gran colpo di culo.
Per rendere tutti questi altisonanti fini finalmente fattibili… arrivano loro… (grazie amici Reggiani!).
Due parole per chiarire ai nostri lettori i concetti.
Giunzione: Questo termine indica l’avvenuto (o il probabile/presunto) collegamento tra una grotta che con storia, nome, origine si pone singolarmente nel contesto generale delle cavità presenti in zona, vicina con un’altra ma ancora “staccata” da quella contigua.
Quando questo avviene, la sconosciuta morfologia atavica della genesi generale, permette ad alcuni esploratori di percorrere quei misteriosi vuoti collegando fisicamente (nel senso di “umanamente percorribile”) quello che la natura ha generato nel tempo, ma finora ancora sconosciuto. Ultimamente l’USP/GSF/SCG & co. (Noi Pratesi, Fiorentini, Garfagnini & co.) hanno “collegato” il Gigi-Squisio con la vicina Mani Pulite portando l’insieme unito ad uno sviluppo totale di oltre 36 km… bel risultato ma per certi versi amaro…ma stendiamo un “coltrone” pietoso sull’episodio.
A ruota di questo evento viene ripresa a mano un’altra possibilità di giunzione, quella tra Gigi-Squisio ed Arbadrix, condomina di questa grande famiglia ma fisicamente staccata dal grande complesso. Ma talmente vicina sia morfologicamente che come “visione speleologica” dei loro esploratori (e eredi di essi) così splendidamentalmente simili a noi Pratesi che questa avventura che narreremo… a puntate, ci ha ridato un vigore e una determinazione da un po’ di tempo assopita.
Per farlo rimetteremo insieme le impressioni che via via sono state condivise tra gli esploratori di quello che speriamo diventi L’Arba-Gigi.
Veniamo alla cronaca:
“Se esistono zone di grotta che si meritano l’esempio di un formaggio coi buchi, quelle sono sicuramente le parti che assieme all’GSPGC stiamo esplorando…”
26 gennaio 2019
Obbiettivo GIUNZIONE ARBAGIGI!!!
Partecipanti:
– sul fronte Arbadrix:
Neviani M., Santolin S., Zanghieri F., Artioli H., Iemmi D., Vandelli W., Parmeggiani M., Ruocco M., Bocchi G. (reggiani), Lusini F. (“Sorriso” da Prato)
– sul fronte Gigi-Squisio:
Fioranzato C., Dordoni L., Augugliaro A., Paolo, Belli A., Francesco (pratesi)
Eccoci eccoci!
Benarrivati tutti alla galleria. Siamo tantissimi!
La squadra dei pratesi è composta da cinque ottimi e assennati componenti. La squadra dei reggiani è composta da dieci scatenati matti che già stappano lambrusco e offrono salame + uno “sciamano” apuanico + quello che corre ancora per strada per entrare in grotta all’insaputa di tutti.
Tutti in cerchio: vino, entusiasmo e rilievi al centro si tratta del piano d’azione.
Abbiamo: ARVA e radio.
Abbiamo: due fuoristrada con catene per salire fino ad ingresso grotta.
Abbiamo: tantissima voglia di buio, esplorazione e giunzione.
Decidiamo che l’appuntamento radio sarà alle 15:00 alla sala del contatto.
Decidiamo di mescolare le squadre: io e Laurent con i pratesi in Gigi, Fabio con i reggiani in Arbadrix.
Wainer e Gabri, sgasando nei fuoristrada che scivolano sulla neve, si fanno spingere a mano dagli altri fino al Gigi-parcheggio.
Qui brindiamo ancora, poi ci dividiamo in squadre ed entriamo.
Cosa accade dentro al Gigi:
Siamo io e Laurent dietro ad Alessio e Paolo. Il Gigi ha meno pozzi da scendere, ma molte più diramazioni e saliscendi in cunicoli, gallerie con marmitte e meandri di varie forme e dimensioni.
Mentre avanziamo Paolo ci racconta la grotta: “Quella via porta al Saragato”, “Di là si va verso Mani Pulite” “Qui abbiamo risalito fino a vedere le radici degli alberi”. Per noi è molto interessante visto che l’Arbadrix è ancora un’unica piccola grotta non collegata umanamente a quel mostro di sistema che la circonda da tutti i lati e di cui il Gigi fa parte.
Notiamo il diverso approccio dell’armo toscano rispetto al nostro, forse più speditivo, ma certamente e comunque efficace.
E dal Nazgul (bellissimo pozzone) arriviamo alla “sala del contatto”.
Infatti qui, per radio cominciamo a sentire le voci di Wainer, poi Nebbia, Gabri e tutti coloro che sono di là, in Arbadrix.
Alessio si dirige a posizionare l’ARVA nel ramo Pastamatic (distanza minima segnata 20 mt) e io lo seguo. Speleologa a perdere provo ad infilarmi in vari posti stretti, che da rilievo risultano essere molto vicini all’Arbadrix, ma non trovo passaggi buoni dove proseguire.
Alla sala del contatto invece, sempre seguendo le onde radio, gli altri pratesi e Laurent guardano le altre due vie possibili. Sempre Laurent, Paolo e Andrea, seguiti poi da me e Alessio, risalgono il ramo Della Padella e smartellano alcuni punti “ostici”. Poi si infilano in un meandro molto stretto e tentano di raggiungere l’Arbadrix a suon di martellate. Ma le martellate (dall’altra parte) suonano lontane.
Io Alessio e Andrea intanto ci spostiamo nel pozzo a lato e valutiamo aria e altre possibili prosecuzioni.
Dall’Arbadrix indietreggiano, la via troppo impestata li vince per sfinimento, dal Gigi lo stesso.
Fermi al freddo sul bordo di questo ultimo pozzo, Alessio e Andrea ci raccontano che di là si sale fino ad arrivare in un salone e che la zona sopra di esso è ancora tutta da esplorare.
Aria lì ce n’è tanta, al contrario di tutti quei meandrini, buchi, buchetti e anfratti che probabilmente collegano Arba e Gigi dove invece non ce n’è… Ci viene il dubbio che forse sia meglio cercare il collegamento altrove, non nello stretto ma magari più in alto.
Saluto Nebbia via radio, ed è tristissimo abbandonare il contatto così rassicurante, senza essersi visti e toccati, ma solo sfiorati a suon di martellate lontane. Noi torniamo indietro alla sala del contatto per poi riavviarci all’uscita. Anche dall’altra parte cominciano ad uscire.
In Arbadrix:
Per quanto ne so, si sono persi e ritrovati nei cunicoli labirintici in fondo al Murador, poiché cercando il passaggio per raggiungerci continuavano sorprendentemente a girare su se stessi. L’aria là in fondo non fornisce una via chiara da seguire. Mentre uscivano sono sorti dubbi nuovi sulla circolazione dell’aria che si inverte e cambia anche all’altezza del 30. Che ci sia da andare a rivedere il Grappolone?
Quindi, fortunatamente, si aggiungono ancora nuovi punti di domanda da interrogare e smascherare.
Altra constatazione, abbiamo trovato pippi (pipistrelli, ndr) in entrambe le grotte. Chissà se sono gli stessi che dormivano nel caldo Murador e svegliati dalle martellate per fuggire da noi non abbiano pensato di uscire passando dalle vie ventose del Gigi…
Fuori ci ritroviamo tutti ad Agliano. Roberto ha preparato una tavolata lunghissima. La terrazza è piena, e siamo tutti belli cotti, ma si continua a parlare di rilievi, di grotte, di esplorazioni, di idee, di amicizia davanti al vino, di condivisione accanto alla stufa.
Ci rendiamo pian piano conto che la vera giunzione è stata fatta unendo i due gruppi, contagiandosi di allegria, condividendo l’emozione di essere tutti insieme con un unico obbiettivo. Tutte basi per una collaborazione futura lunga e ricca.
Così portiamo con noi a casa un gran successo, insieme all’odore di grotta e ad una sensazione gelatinosa, non ben definibile, che mescolata alla sana stanchezza ci tiene ancora tutti vòlti a quel gruppo, a quei volti vicini, a quel tavolo, a quel rilievo, a quelle grotte che si protendono l’una verso l’altra in attesa che noi speleologi le si unisca in un bacio percorribile.