Sabato 16 Febbraio 2019
A questo giro siamo un po’ meno e forse anche un po’ sfigati, nonostante il mezzo corazzato del forte e generoso Wainer le slavine prima della galleria ci impongono di muovere le chiappette se vogliamo entrare in grotta, le squadre sono presto fatte:
5 reggiani (Zanga, Sonia, Matteo, Wainer ed Hendrix) che si infileranno in Arbadrix per verificare se il ramo sinistro degli Etnei comunica con i bigoli posti dopo la sala delle tre vie (o due corde) mentre i tre pratesi (Mario, Alessio e Fabio) si imbucheranno nel Gigi per andare a fare una risalita sopra la “padella”.
Come la volta scorsa abbiamo il collegamento radio che sicuramente è un bel punto di riferimento.
Dopo aver traversato il Pozzo del Nazgul in corrispondenza di una corda che sale guardando verso il basso il meandro si approfondisce verticalmente per una ventina di metri, si tratta di verificare che il meandro che a valle si getta nella sala sotto al Nazgul, a monte non prosegua per conto proprio.
Risaliamo il Pozzo della padella e ci apprestiamo a superare il limite esplorativo di oltre dieci anni fa. Allora dopo la risalita effettuata dal medesimo e Stefano Bettini di Firenze, Moreno si affacciò intravedendo ambienti ampi e promettenti che decidemmo di tenere in fresco per occasioni migliori.
La Sala biliardo posta sopra la testa del pozzo è bella, adornata da una verticale con pareti stratificate e lavorate dall’acqua così da conferirgli una forma a campana con alla base massi di frana.
Giungiamo alla sala del primo contatto in circa un’ora e mezzo e da lì comunichiamo distintamente con i vicini. Ci prepariamo a risalire dopo aver comunicato le nostre intenzioni ad Hendrix mentre Mario si dà alla bella vita guardandosi in giro per capire cosa può offrire il posto. E’ così che l’ormai “esperto speleo” tirato a lucido sfila il secondo asso dalla manica e ci distoglie dalla verticale per luoghi più ameni.
Il nuovo rametto scende con aria alle spalle, direzione sud (dato che verificato in seguito sarà l’esatto contrario) in un bel marmo bianco lavorato da piccole skellops che si alterna con inserzioni di rocce meno nobili. Dopo 3 saltini di pochi metri ma da attrezzare per forza incontriamo una stanza con scisti alla base e soffitto che si abbassa fino a 20 centimetri circa, il percorso in pianta, stimato oltre 100 metri rischia di fermarsi a causa di questa strettoia che a malapena lascia intravedere qualcosa di più largo oltre.
Alcune titubanze offuscano il trio prima che Alessio cominci a smartellare l’odiato scisto che non ci vuol far passare (!), intanto il rilevatore fa il suo sporco ma utilissimo lavoro e giunto in loco decide di sfoderare le sue doti di strettoista che Topolinia (Grotta n.995 del catasto toscano) gli ha insegnato quando era un ragazzo.
Solo l’ennesima verticale che l’acqua ha reso liscia e dura da disarrampicare ferma anche l’uomo supposta, felici del nuovo ramo Va-lentino torniamo sui nostri passi.
Fuori il cielo della Carcaraia è uno spettacolo, la luna fa una bella luce che la neve riflette, scendere senza ramponi è sconsigliabile ma se non ce li hai in qualche modo ti dovrai pur arrangiare, e così, sorreggendo l’incauto “uomo supposta” che i ramponi li ha incautamente lasciati a casa, giungiamo all’auto dove gli amici reggiani ci attendono (Grazie!).
Concludiamo la serata mangiando piacevolmente a tavolo una buona cena preparataci da Michele e raccontandoci i progressi che come semi piantati daranno i loro frutti nel prossimo futuro.
A presto
Fabio (Sorriso)
Nel GIGI:
Siamo in tre: Alex, Sorriso (Fabio) e nonno Mario (io).
Obbiettivo risalire il pozzo sopra la Padella.
…Tanto sono a perdere quindi tocca a me risalire il pozzo che sta lì da dieci anni ad aspettare che qualcuno si degni di riprenderlo a mano. Il problema in questi casi non è risalire su una corda parcheggiata lì da così tanto tempo ma aver a che fare con i moschettoni che gli fanno compagnia.
Uno di essi infatti stanco di aspettare si era deciso ad andarsene piano piano in una nuvola di ossido lasciando al destinatario di tal compito l’amara sorpresa di trovarcene metà. Comunque, sia pur a c… strinto salgo su cambiando il vecchio con il nuovo, arrivano poi gli altri due e cominciano a valutare le possibilità di risalita. Io intanto mi guardo intorno, lì non c’ero mai stato; lo conoscevo tramite i racconti degli esploratori di allora. L’avevo disegnato seguendo l’identikit da loro descritto e non avevo idea di cosa aspettarmi… azz! Grande!
Mentre loro (quelli bravi) cominciano ad attrezzare per la risalita vado dall’altra parte della sala, mi attira un passaggio in discesa che sembra continuare… vado, comincio “piano piano” a scendere in quella bella forretta tra marmi bianchi e venature di dolomia e alternando tratti che si percorrono in piedi (anche se stretti) a tratti dove si gattona arrivo fino ad un saltino dove serve una corda per scenderlo… oltre continua.
Gli aggeggi da rilievo li avevo lasciati alla sala (poi “sala biliardo”) e cercando di valutare la direzione che avevo percorso, uso la bussola che ho nell’orologio… Sud (!?).
Sud? Valuto di aver percorso un centinaio di metri e se vado verso sud vado verso l’Arba!
Torno sui miei passi per dare la notizia agli altri, forse conviene di più continuare lì che risalire.
Comunico la notizia e “loro” mollano tutto e si fiondano nel meandro, io dietro decido mentre li seguo di fare il rilievo. Fin dalle prime battute mi rendo conto della “scazzata”, non va a sud ma a nord… la bussola/orologio starata dava di matto e invece di avvicinarci al vicino di casa ci stavamo allontanando. Provo a chiamare i due fuggitivi per metterli al corrente dell’errore ma loro erano già spariti presi dalla frenesia dell’esplorazione… beh ormai vediamo dove porta.
Li raggiungo alla base dell’ultimo saltino che hanno armato, comunico l’amara scoperta, ma a loro sembra non gli freghi un granché della direzione, abbiamo aria alle spalle (scendiamo verso un ingresso alto!) che si infila in una larga fessura in discesa, di là sembra allargare… larga sì ma disperatamente bassa, saranno una ventina di centimetri. Alex, martello alla mano comincia a cercar di rendere “umana” quella fessura e in parte ci riesce; non per sé, non per Fabio… ma per nonno Mario, forse…
Beh sì, forse ci passo… in giù probabile, ma risalirla… Guardo negli occhi i miei compagni di viaggio… Telepaticamente vi leggo la risposta: “vai Cecchi poi in qualche modo ti sfiliamo di là, tranquillo…”
Tranquillo una sega, accidenti alle dimensioni (lo dicevo sempre alla mi’ mamma; non potevi farne uno normale invece di due piccini!). Vado, passo, scendo, mi rialzo in piedi e continuo a scendere in un tubo tondo tondo fino all’ennesimo saltino, mi fermo lì.
Per risalire e superare quella strettoia Alex deve letteralmente tirarmi fuori, ma laggiù continua e questo è quello che conta… dove andrà… Boh!
È da poco passato il giorno degli innamorati e noi di amore per sta grotta ne abbiamo da vendere, Ci sono andato “piano piano”, è S. Valentino… quindi ti chiamerò Va-Lentino.
CKY
In Arbadrix..
Partecipanti: Neviani M., Santolin S., Zanghieri F., Artioli H., Iemmi D., Vandelli W., Parmeggiani M., Ruocco M., Bocchi G., Lusini F. (da Prato)
Tra lambrusco, salame e rilievi si prepara il piano d’attacco alla giunzione.
Essendo in tanti si opta per una squadra veloce che raggiungerà per prima le zone del Murador per poter stabilire un contatto radio/ARVA e a ruota sarà seguita dal resto della truppa!
Ok è l’una. Io, Wainer, Matteo ed Hendrix partiamo a manetta verso il Murador, com’era?!…”la in fondo ai pozzi i discensori fumano”… eh sì… più o meno così!
In 45 minuti siamo nella “sala dei massi in frana” gironzoliamo un attimo e accendiamo la radio, subito dal Gigi rispondono, ottimo ora l’adrenalina è a mille!
Da qui l’ARVA inizia a dare 42 mt, interessante! Cominciamo ad infilarci in tutti i meandri che vediamo, lo stretto si allarga alla sola nostra presenza, i saltini sfigati ci accolgono a pareti aperte ma nulla, scendiamo una corda e arriviamo nella “sala delle tre vie” nel punto 21 del rilievo, qui il contatto radio è più vivo, l’ARVA ci da 20/30 mt addirittura, ci sentiamo a colpi di martello, anche qui ci infiliamo nei vari meandri che si propongono, il segnale ARVA arriva ad un minimo di 20 mt, dal Gigi ci pare che siano sopra di noi, ma no forse sotto…boh.
La zona è estremamente labirintica e quando arriva Nebbia si infila in un meandro parallelo a quello dove ci siamo infilati noi, è una groviera quel posto lì e ci lascia molto perplessi. Ci sono dei pipistrelli dormienti, un paio si svegliano, al Gigi ci diranno di aver visto pippi svolazzanti, c’è aria e nei posti più estremi acqua e fanghiglia, mentre al Gigi raccontano di stillicidio.
Restiamo lì un paio d’ore o qualcosa in più a girare come criceti nella ruota, ci divertiamo pure a perdere la radiolina, allarghiamo poi l’ultimo meandro che la “magra” non ha voluto passare, ma anche lì chiude e il segnale sparisce.
L’idea è che forse invece che da lì, ci sia da andare a vedere più a monte, forse lassù ci sarà, magari in un ennesimo meandro sfigato da allargare… no forse, sicuro!
Ci ritroviamo tutti a mangiare nella sala dei sassi, Nebbia malinconico rimane solo nella sala delle tre vie con Clara alla radio che cerca di tagliare questo cordone ombelicale.
Rientriamo tutti per vie diverse che tanto si riuniscono alla prima occasione, ci rimane il dubbio dell’aria che cambia in zona p30 e che probabilmente c’entra qualcosa con il grappolone
La Prossima volta si spulcia ancora e si gioca a perdersi con il distoX.
Promesso!!
Sonia